martedì 7 agosto 2018

DIGA AD ACQUA FLUENTE






C.AL.CA.


Comitato Alluvionati del Casalese
 
02 agosto  2018
Casale Monferrato (AL)
 
Oggetto : Osservazioni e commenti sul progetto “Diga ad acqua fluente “ a valle del ponte ferroviario
 

Abbiamo appreso dai giornali locali che il progetto presentato anni fa per la costruzione di uno sbarramento sul fiume Po è stato approvato e sono iniziati i lavori per la messa in sicurezza del cantiere.  Non comprendiamo perché la popolazione interessata ,in particolar modo i residenti dei quartieri Oltreponte ,Nuova Casale e la Frazione di Terranova, non siano stati preventivamente e adeguatamente informati sul progetto e sull’impatto che lo stesso potrebbe avere sul fiume PO. Probabilmente per cattiva abitudine da parte dell’Amministrazione Comunale ( di qualsiasi colore politico appartenga )  si preferisce non coinvolgere i cittadini su scelte che li toccano direttamente  affidandosi ad una pseudo informazione quando i giochi sono già fatti o i lavori delle opere stanno addirittura già iniziando , siamo contrari da sempre a questa metodologia e non crediamo che questo sia il modo corretto di agire. 

Dalle  informazioni tecniche reperite in tempi brevi e raccogliendo diverse opinioni in questi giorni  ci permettiamo proporre agli abitanti di Casale e ai progettisti preposti alla realizzazione di questo nuovo sbarramento alcune nostre osservazioni e commenti:

 

1)      Lo sbarramento sul fiume Po verrà posizionato in un punto critico del fiume , in prossimità della Nuova Casale e anche del punto in cui l’argine di Cascina Consolata dovrebbe essere arretrato. Sono oramai 8 anni che chiediamo che fine ha fatto questo progetto di arretramento arginale che porterebbe una riduzione dei livelli idrici di 30 centimetri in quel tratto di fiume . Questa importante opera doveva già essere terminata da anni ma sia il progetto che i 3 milioni di euro stanziati a suo tempo sono diventati un mistero . L’annuncio per l’arretramento arginale era stato dato dall’assessore regionale Borioli nel febbraio del 2010 !!! Perché allora creare uno sbarramento artificiale che porterà ad un aumento di oltre 4 metri dei livelli idrici proprio in quel punto e senza sapere quando effettivamente l’argine verrà arretrato ?

2)      Il modello fisico predisposto dal Dipartimento Idraulica del Politecnico di Torino una dozzina di anni fa aveva portato al risultato che se si fosse ripetuto lo stesso fenomeno alluvionale dell’ottobre 2000 l’acqua sarebbe uscita tra il ponte stradale e quello ferroviario sia in riva sinistra che in riva destra , sono anni che segnaliamo tale situazione critica ma nessun adeguamento arginale è stato fatto in quel tratto per evitare che ciò non accada . Ha senso aumentare i livelli idrici proprio  in questo tratto di fiume ?

3)      Il benestare all’opera di sbarramento è stato dato sulla base di ipotetici calcoli in  metri cubi/secondo di portata massima fluviale stabiliti nello scorso decennio , alla luce dei nuovi studi  quali portate massime sono state previste e calcolate per lo sbarramento fluviale che si vuole costruire ? 7.450 metri cubi/secondo ?

4)      Perché si pensa di creare un nuovo sbarramento fluviale a poche migliaia di metri da quello già esistente della Diga Lanza? E’ chiaro a tutti che ogni sbarramento artificiale può creare criticità ai livelli idrici di sicurezza soprattutto su un fiume come il Po con delle portate  consistenti in  periodi diversi dell’anno . Non era proprio possibile costruire la centrale in prossimità della Diga Lanza sfruttando già il salto d’acqua esistente ? Pare di capire che questa fosse  la soluzione ideale e forse più logica caldeggiata anche dal proponente Idro Baveno ( prima IdroPadana ) …perché il permesso di costruzione è stato negato per  quel punto ?

5)      Come verrà “gestito” l’inevitabile accumulo di sedimenti e ghiaia che si verrà a depositare nel tratto fluviale cittadino e che ovviamente crescerà nel tempo a causa dello sbarramento artificiale che impedirà il deflusso dei sedimenti a valle ? Non è già sufficiente l’isolone di ghiaia che si è creato tra la canottieri  e il ponte stradale ?

6)      Possiamo ragionevolmente prendere per buoni i risultati evidenziati nell’”Elaborato Tecnico Verifica Dam Break ( cioè la vulnerabilità a valle della diga/sbarramento )? In tale elaborato si dichiara : “In caso di  collasso istantaneo e completo dello sbarramento risultava nullo in quanto non si generavano fenomeni di esondazione all’esterno dell’alveo inciso”

Ma quali saranno realmente i fenomeni all’interno dell’alveo considerando un bacino creato da uno sbarramento di oltre 4 metri di altezza e con un invaso di poco meno di 1 milione di metri cubi ?

7)      Sempre nell’”Elaborato Tecnico verifica Dam Break” si dichiara che in caso di collasso istantaneo dello sbarramento “ I tempi di propagazione del fenomeno ed i conseguenti tempi di incremento di livello a valle sono da ritenersi sufficientemente lunghi da consentire la messa in sicurezza delle persone eventualmente presenti nell’area dell’alveo inciso.” Cosa si intende per “sufficientemente lunghi “? Quanti minuti /ore ? se a valle e in prossimità dello sbarramento artificiale  alto più di 4 metri e contenente  1 milione di metri cubi vi sono dei pescatori quanto tempo avrebbero per mettersi in salvo ? In quanto tempo il milione di metri cubi di acqua raggiungerebbe la frazione di Terranova ? 

 

Queste per ora sono le nostre osservazioni/commenti a cui sarebbe opportuno dare risposta . L’impatto dell’opera di sbarramento prevista sul fiume Po sarà importante ed imponente pertanto chiediamo all’Amministrazione Comunale di fornire una costante e adeguata informazione alla popolazione interessata.

 

Grazie per l’attenzione e l’eventuale pubblicazione.

Cordiali Saluti

C.AL.CA.Comitato Alluvionati del Casalese

Il Consiglio Direttivo

         

 
C.AL.CA.  ▪ Comitato Alluvionati del Casalese ▪
Organizzazione non lucrativa di Utilità Sociale (ONLUS) C.F. 91021800064 –N.Reg. 936SI del 21/12/2000
Indirizzo: via Stura,297 – Fraz. Terranova  -15030 CASALE MONFERRATO (AL)
Presidente C.AL.CA.  GIANNI BATTEZZATI  347/6428716 
Portavoce e Vicepresidente MASSIMO DE BERNARDI  347/3983140 e-mail : debe.ma@libero.it
Segreteria ► e-mail : gzl.graziellazaccone@gmail.com      fax 0142/805177

 

mercoledì 4 aprile 2018

DDT bidone

Verrà costruita nel sito di Frascati, atteso ritorno di 2 miliardi



Sarà costruita nel Lazio, a Frascati (Roma), la macchina sperimentale da 500 milioni di euro Divertor Test Tokamak (DTT). Farà parte del Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla fusione nucleare e dovrà fornire risposte sulla fattibilità scientifica e tecnologica della produzione di energia dalla fusione. Lo rende noto l'Enea, il cui Consiglio di Amministrazione ha approvato la relazione conclusiva con la graduatoria finale delle nove località candidate ad ospitare la macchina
E' almeno di due miliardi il ritorno atteso dal progetto, grazie al quale "oggi è l'Italia che vince perché investe sulla conoscenza e sull'energia sostenibile con un progetto che garantisce prospettive scientifiche e occupazionali positive per tutti e, in particolare, per i giovani", ha detto il presidente dell'Enea, Federico Testa.

E' almeno di due miliardi il ritorno atteso dal progetto, grazie al quale "oggi è l'Italia che vince perché investe sulla conoscenza e sull'energia sostenibile con un progetto che garantisce prospettive scientifiche e occupazionali positive per tutti e, in particolare, per i giovani", ha detto il presidente dell'Enea, Federico Testa.

La relazione approvata dal Consiglio di amministrazione dell'Enea contiene la graduatoria finale delle nove località candidate a ospitare la macchina, che vede il Lazio al primo posto con il sito di Frascati (Roma), seguito da Cittadella della Ricerca (Brindisi) e Manoppello (Pescara). Le altre regioni candidate sono Campania, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Piemonte e Veneto.
Obiettivo della macchina Dtt è fornire risposte scientifiche ai problemi complessi sulla fusione ed è considerata l'anello di collegamento con i grandi progetti internazionali, come il reattore sperimentale Iter in costruzione in Francia.
Il via ai lavori atteso entro novembre 2018
Dovrebbero cominciare entro novembre 2018 edurare sette anni i lavori per la costruzione della macchina sperimentale che dovrà dimostrare la fattibilità della macchina Dtt. Le persone coinvolte, rende noto l'Enea, saranno oltre 1.500 più 1.000 nell'indotto.

I finanziamenti sono sia pubblici che privati e vedono la partecipazione, fra gli altri, di Eurofusion, il consorzio europeo che gestisce le attività di ricerca sulla fusione (60 milioni di euro) per conto della Commissione europea, il ministero per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca (40 milioni) e il ministero per lo Sviluppo economico (40 milioni impegnati a partire dal 2019). Partecipano inoltre Repubblica Popolare Cinese (30 milioni), Regione Lazio (25 milioni), l'Enea e i partner (50 milioni), cui si aggiunge un prestito Bei da 250 milioni.

 

lunedì 22 gennaio 2018

Domande sul DTT


Nuove Frontiere   – Domande sul DTT 18/01/ 2018- Consiglio Comunale aperto

 

Premesso che come Cittadini e come Associazione Nuove Frontiere siamo ovviamente favorevoli ad ogni opportunità di sviluppo che crei nuovi posti di lavoro è necessario chiarire in questa serata quali siano le concrete opportunità occupazionali per i residenti del nostro territorio ed anche  quali potrebbero essere gli eventuali   rischi ambientali e per la salute .

 

Domande :

 

1)    Sulle 1500-1800 persone che si prevede siano occupate per la realizzazione del DTT quanti casalesi o monferrini  potrebbero essere assunti ? Quali saranno i profili professionali ricercati ?

 

2)    E’ prevista la possibilità di creare presso gli Istituti Superiori casalesi delle specializzazioni che permettano poi  l’inserimento lavorativo nella sperimentazione  del DTT?

 

3)    Come indicato nel Bando dell’ENEA ’”Avviso pubblico per una selezione finalizzata alla scelta di un sito per l’insediamento dell’esperimento DTT” a pag. 6/22 e a pag.21/22 è necessaria una “Dichiarazione atta a dimostrare la piena e completa idoneità tecnica e amministrativa dell’area ad essere adibita all’uso al quale sarà destinata quali , a titolo esemplificativo e non esaustivo : dichiarazione circa l’eventuale esistenza di vincoli ai sensi del D.lgs.42/2004 “ Codice dei beni culturali e del paesaggio” . Si domanda :

L’insediamento del DTT perciò non compromette la candidatura di Casale Monferrato Capitale della cultura 2020”? Non si compromette la promozione turistica per la zona UNESCO o addirittura potrebbe esserci il pericolo di perdere il riconoscimento dell’UNESCO per i territori confinanti con Casale  ?

 

Nuove Frontiere  – Domande sul DTT 18/01/ 2018- Consiglio Comunale aperto

Domande :

4)    Sino a pochi giorni fa si prospettava l’eventuale insediamento del DTT ad Oltreponte negli stabilimenti ex- Gaiero ora si parla del Pip 5 . Nel novembre 2016 ben prima dell’”annuncio” della candidatura di Casale ad ospitare il DTT da parte del presidente Chiamparino l’Amministrazione Comunale in un incontro con la popolazione di Oltreponte aveva già prospettato una riqualificazione dello stabilimento ex Gaiero  proprio legato all’acquisizione di un privato che voleva creare un polo affiliato all’ENEA . Alcuni Casalesi ora si domandano quali siano le motivazioni  per questo cambio di destinazione  territoriale ? Vincoli urbanistici? Vincoli idrogeologici ? Vi sono altre motivazioni tecniche , economiche o…politiche?

5)    Nel bando dell’ENEA si legge che l’area (tra i 4 e i 6 ettari  , 20.000 mq. di edifici, 10.500 mq per installazioni all’aperto e 4000 mq per parcheggi),  dovrà essere tutta recintata e sorvegliata H24 , si richiede un servizio di primo soccorso o un ospedale nel raggio di 5 km.  Si richiede inoltre che il muro del capannone adibito a sala sperimentale ( circa 2.300 mq. ) dovrà avere uno spessore di 2 metri al fine di offrire una adeguata schermatura delle radiazioni.  Quale piano di protezione civile è previsto per l’insediamento del DTT ? In caso di emergenza per fuga di radioattività o per altre problematiche legate alla sperimentazione del DTT quali sono le procedure di intervento e salvaguardia della salute dei casalesi ? Saranno previsti degli screening medici, dei controlli  periodici  per la salute della popolazione?

 

6)    Al termine della sperimentazione DTT quanti Kg. di scorie radioattive saranno presenti nel sito casalese ? Quale sarà la durata in anni della loro pericolosità? Il sito al termine delle sperimentazioni verrà ovviamente bonificato ma come verrà gestita poi quell’area? Resterà a Casale Monferrato un deposito permanente di scorie contaminate e radioattive ?

giovedì 4 gennaio 2018

Business del SACCHETTO


Da “il Giornale.it”
La tassa sui sacchetti di plastica fa ricca la manager renziana
Fregatura al supermercato. Oltre la nomina pubblica Catia Bastioli guida pure la ditta che fabbrica l'80% delle buste bio

L'obbligo di comprarli scatta da domani, ma nei supermercati si respira già il malumore dei clienti per la «tassa sui sacchetti».
Quel che non è ancora chiaro a chi fa la spesa, è chi incasserà i proventi della nuova subdola imposta. Per capire chi in queste ore sorride al pensiero dei sacchetti a pagamento bisogna mettere insieme alcuni fatti, qualche sospetto e un numero impressionante di coincidenze. Che hanno una data d'inizio: 3 agosto 2017. È il giorno in cui viene approvato in commissione, con voto compatto del gruppo del Pd, l'emendamento che introduce il balzello. In pieno clima di ferie il Parlamento sente l'esigenza di accelerare la norma infilandola in una legge che c'entra ben poco, il Dl Mezzogiorno. Col paradosso che in un provvedimento che dovrebbe portare sviluppo al sud compare un emendamento, firmato dalla deputata Dem Stella Bianchi, i cui frutti saranno goduti molto più a Nord, e precisamente in Piemonte. Vedremo dopo per quali strade.
Prima è meglio dare un'occhiata a come è stato congegnato l'emendamento. Da una parte si impone il divieto di usare i sacchetti ultraleggeri di plastica, quelli che servono a pesare la frutta o a incartare formaggi e salumi. Fin qui è l'attuazione di una direttiva europea che ha uno scopo condivisibile, ridurre il consumo di plastica e il suo impatto ambientale rendendo obbligatori i sacchetti con almeno il 40% di componente biodegradabile. Il Pd aggiunge però un altro meccanismo diabolico: ai supermercati è vietato regalarli ai clienti, pena una multa salatissima, fino a 100mila euro. Una misura spacciata per incentivo a ridurre il consumo di sacchetti che, pur biodegradabili, sono per più di metà ancora composti di plastica. Eppure il fine nobile della sanzione durissima è completamente vanificato da un'altra norma: è vietato riciclare i sacchetti. Né, per motivi igienici e di taratura delle bilance, è possibile portarsi da casa borse o contenitori di tipo diverso che finiscano a contatto diretto con gli alimenti e con le bilance. Dunque, se non posso portarmeli da casa e non ho altre alternative che usare quelli forniti dal supermercato, il disincentivo del pagamento, obbligatorio per legge, non può scoraggiare il consumo. I dirigenti di alcune catene di supermercati, sentiti dal Giornale, confermano i dubbi sul meccanismo cervellotico e sugli effetti perversi.

E allora, chi ci guadagna? La norma sgrava la grande distribuzione, che in Italia conta un player storicamente legato alla sinistra, la Coop, dal costo degli shopper, riversandolo sul cliente. Ma non è poi un grande vantaggio, perché i negozi dovranno fronteggiare la rabbia dei clienti. C'è anche perplessità sulla scelta di non regolamentare il prezzo dei bio-sacchetti che, essendo un bene ormai obbligatorio per legge, è esposto a possibili speculazioni sul prezzo.


Gli unici ad applaudire pubblicamente la norma sono i vertici di Assobioplastiche, il cui presidente, Marco Versari, è stato portavoce del maggiore player del settore, la Novamont, già nota per aver inventato i sacchetti di MaterBi, il materiale biodegradabile a base di mais. E infatti l'azienda di Novara sul suo sito, senza ironia, pubblica un sondaggio secondo cui i consumatori italiani sarebbero in maggioranza contenti di pagare.


Intorno a Novamont si concentrano altre coincidenze. L'amministratore delegato è Catia Bastioli, una capace manager che ha incrociato più volte la strada del Pd e di Renzi. Nel 2011 partecipa come oratore alla seconda edizione della Leopolda, quella in cui esplode il fenomeno Renzi. Molti degli ospiti di quell'evento oggi occupano poltrone di nomina politica. E Catia Bastioli non fa eccezione: nel 2014, pur mantenendo l'incarico alla Novamont, viene nominata presidente di Terna, colosso che gestisce le reti dell'energia elettrica del Paese. Con i buoni uffici del Giglio magico, si dice all'epoca. A giugno 2017 Mattarella la nomina cavaliere del lavoro.


L'azienda che guida è l'unica italiana che produce il materiale per produrre i sacchetti bio e detiene l'80% di un mercato che, dopo la legge, fa gola: inizialmente i sacchetti saranno venduti in media a due centesimi l'uno. Le stime dicono che ne consumiamo ogni anno 20 miliardi. Potenzialmente dunque, è un business da 400 milioni di euro l'anno. Il 15 novembre scorso Renzi ha fatto tappa con il treno del Pd proprio alla Novamont. Ha incontrato i dirigenti a porte chiuse e all'uscita ha detto ai giornalisti: «Dovremo fare ulteriori sforzi per valorizzare questa eccellenza italiana». Promessa mantenuta.

Siamo in un "CULDESAC" ma dato che è Bio fa poco male.

sabato 16 dicembre 2017

SCIENZA / ECONOMIA




Fusione nucleare: Ottimismo della volontà e Pessimismo della ragione

 

 

In merito a quanto si scrive e si legge sui vari media in questi mesi a proposito dell’insediamento a Casale Monferrato dell’impianto DTT di sperimentazione della fusione nucleare ci permettiamo si segnalare alcuni aspetti che non pare siano stati adeguatamente considerati nelle note e dichiarazioni di amministratori e cittadini che meriterebbero qualche riflessione.

 

Non solo Trizio

 

Oltre al Trizio segnalato come radioattivo, va anche considerata la presenza di Deuterio chimicamente quasi identico all'idrogeno che a temperatura e pressione ambiente forma un gas di molecole biatomiche: 2H2 o D2.analogo al diidroegeno. Questa molecola non è propriamente innocua.
Il diidrogeno essendo circa quindici volte più leggero dell'aria fu il principale gas utilizzato per anni negli aerostati e nei dirigibili, ma dopo il disastro del 6 maggio 1937 del dirigibile Hindenburg ,riempito per l’appunto di idrogeno, che provocò la morte di 35 passeggeri, fu riconosciuta la pericolosità del gas passando al più inerte elio, anche se è più pesante dell'idrogeno e meno efficace per il ”galleggiamento” delle aeronavi nell’aria.

  
Il diidrogeno è infatti un gas altamente infiammabile e brucia in aria, con la quale forma miscele esplosive a concentrazioni dal 4 al 74,5% a pressione atmosferica. Basta liberare una fuga di H2 a contatto con 2Oper innescare una violenta esplosione oppure una fiamma invisibile e pericolosa che produce acqua in gas.

 Le miscele di diidrogeno detonano molto facilmente a seguito di semplici scintille o, se in alta concentrazione di reagenti, anche solo per mezzo della luce solare in quanto il gas reagisce violentemente e spontaneamente con qualsiasi sostanza ossidante. La temperatura di autoignizione del diidrogeno in aria (21% di O2) è di 500 °C circa. Le fiamme di diossigeno e diidrogeno puro sono invisibili all'occhio umano; per questo motivo, è difficile identificare visivamente se una fuga di diidrogeno sta bruciando. Anche l’acqua pesante o ossido di deuterio D2O è tossica per molte specie fra cui l’uomo.

 
E le norme cosa dicono?

E’ il caso poi di ricordare che in Italia esiste una normativa sugli impianti industriali che risale a prima della guerra ed ancora vigente. Il Regio decreto 27 luglio 1934 n° 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie) che all’art. 216 recita:
Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.

 
La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane d abitazioni;
 la seconda, quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato.


 

(…)



Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.

 

Se andiamo a vedere la prima classe dell’elenco, (per capirci quello delle fabbriche che dovrebbero essere isolate nella campagne) pubblicato con il "D.M. 5 settembre 1994: Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie” vedremo fra le sostanze chimiche in prima classe compare alla voce 74: Idrogeno: -­‐ produzione, impiego, deposito fra le attività industriali sempre in prima classe alla voce 13:Impianti e laboratori nucleari: impianti nucleari di potenza e di ricerca; impianti, per il trattamento dei combustibili nucleari; impianti per la preparazione, fabbricazione di materie fissili e combustibili nucleari; laboratori ad alto livello di attività

Forse è anche per questo che sia la centrale Fermi di Trino che i laboratori Sorin di Saluggia siano ubicati fuori dai centri abitati? Forse per questo macelli e salumifici, inceneritori, scuderie, maneggi, depositi e demolizioni di autoveicoli, alcune della trentina di attività industriali di prima classe non si trovano (o non si dovrebbero trovare) in città?

  
Vedremo se dopo aver vietato i salumifici in città verrà consentita la realizzazione di impianti nucleari
 
Il Regolamento d’igiene del Comune di Casale ricalca poi quelle norme:
 

 ARTICOLO 119.




La Giunta, su parere conforme dell'Ufficiale Sanitario, potrà permettere che sia mantenuta nell'abitato un'industria, manifattura o fabbrica, iscritta nella 1^ classe (industria da isolarsi), quando risulti accertato che, per l'introduzione di nuovi metodi e di speciali cautele, l'esercizio di essa non nuoce alla salute del vicinato. (articolo 68 (5° alinea) del Testo Unico Leggi Sanitarie 1 Agosto 1907 n. 636).

ARTICOLO 120.

Distanza dall'abitato delle industrie insalubri.
 
Tanto la distanza dall'abitato quanto le cautele da adottarsi a difesa della pubblica salute, per le
 
industrie, manifattura o fabbriche attivande contemplate nell'art. 119, saranno di volta in volta stabilite
 
dal Sindaco, sentito l'Ufficiale Sanitario ed il Capo dell'Ufficio d'Arte, ciascuno secondo la sua

competenza.

 
ARTICOLO 121.
 
Chiusura delle fabbriche ed allontanamento dei depositi insalubri.
La Giunta, su proposta dell'Ufficiale Sanitario, potrà ordinare la chiusura dei predetti stabilimenti e l'allontanamento dei depositi insalubri o pericolosi salvo, nei casi d'urgenza, le facoltà attribuite al Sindaco dall'art. 151 della Legge Comunale e Provinciale. (art. 94 del Regolamento Generale Sanitario 3 Febbraio 1901, n. 45).



 
 
 

 

 




 



Segnaliamo ancora per la realizzazione delle opere previste si dovranno prima seguire procedure stabilite dalle leggi per la loro approvazione che prevedono, una volta redatti i progetti, che questi passino il vaglio di una apposita Conferenze di Servizi e della Valutazione di Impatto Ambientale(VIA) in cui tutti i soggetti preposti al rilascio di permessi, autorizzazioni o nulla osta comunque denominati, si esprimeranno in merito.




 
Giova ricordare anche che il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152-­‐ Norme in materia ambientale è stato modificato in varie parti nel 2017 ed il particolare all’art 24-­‐bis promuove la cosiddetta Inchiesta pubblica. Così recita detto articolo:
 
1.  L’autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all’articolo 24, comma 3,
 
primo periodo, si svolga nelle forme dell’inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel
 
rispetto del termine massimo di novanta giorni (ndr dalla pubblicazione del progetti). L’inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall’autorità competente 1.
 
Siamo certi che le diverse amministrazioni coinvolte, a partire dal Comune di Casale, in attuazione dei principi di trasparenza e partecipazione, attueranno tutti i dispositivi che le leggi mettono a disposizione in tal senso.
 
 
Un po’ di memoria
 
Ci sembra doveroso spendere anche alcun e parole sulla storia più o meno recente in fatto di insediamenti produttivi che avrebbero dovuto far decollare l’economia Casalese.
 
Una storia ricca di casistica in tal senso, e se le bugie hanno le gambe corte, sarebbe bene che anche la memoria non soffra di questo handicap
 
Cito alcuni casi accaduti: la centrale nucleare di Trino e l’Eternit.
 
Basta leggersi gli articoli dell’epoca o le testimonianze di chi ha vissuto quei tempi per comprendere come sempre l’insediamento di una grande azienda sia stato accolto con favore e gioia proprio per le sbandierate opportunità di lavoro che offriva, spesso accompagnate da suggestioni di un roseo futuro di sviluppo e benessere per le comunità che avessero ospitato l’insediamento.
 


Ecco cosa scriveva sulla centrale atomica di Trino: “Nel 1956 allorché a Casale ci si baloccava con l’alchimia politica alla ricerca di sempre nuove formule che assicurassero i – cadreghini-­‐ di palazzo San Giorgio ed accontentassero nel contempo tutte le tendenze, i partiti e le persone, all’Amministrazione comunale di Trino, che si preoccupava invece dello sviluppo della cittadina, giungeva la notizia che nella vicina Saluggia sarebbe stata costruita una centra le elettrica ad energia nucleare. (….) La centrale Enrico Fermi installerà una potenza di 165 mila kW e produrrà più di un miliardo di kilowattora all’anno. Cioè tanta energia pari alla metà di quella occorrente ad una città come Torino con tutti i suoi grandiosi complessi industriali. L’opera costerà 40 miliardi, venti dei quali saranno concessi in p prestito dalla Export Import Bank degli Stati Uniti. Per tre anni sarà assicurato il lavoro ad alcune migliaia di operai e Trino ne avrà un notevolissimo beneficio e economico. A lavori ultimati la cittadina vercellese ed i suoi dintorni (speriamo che si estendano fin o a Casale affinché anche la nostra città possa raccogliere almeno le briciole del lauto banchetto) potrà beneficiare di una vicina sorgente di energia che potrà permettere il fiorire di altre industrie nella zona « depressa”2.,
 

Ed ancora: “Esaminata la vastissima gamma di strumenti, dispositivi e allarmi, è giocoforza assolvere dall’imputazione di -­‐attività pericolosa-­‐ la Centrale di Trino, come del resto le -­‐confratelle-­‐. (Forse in futuro, costruendo impianti con reattori veloci, le cose potrebbero cambiare. Il loro combustibile sarà il plutonio, che presenta una maggiore pericolosità. Anche allora, prima di procedere ad applicazioni di carattere industriale, gli organi responsabili avranno assicurato le necessarie garanzie di sicurezza. Ma è questo un problema che non tocca da vicino la nostra zona né il prossimo decennio, non rientrando per ora nei programmi a lunga scadenza della Nazione. A noi basterà sapere, per quanto attiene alla -­‐Enrico Fermi-­‐, che la zona circostante Trino non subirà mai contaminazione radioattiva. O meglio, come si usa dire scherzosamente negli ambienti tecnici «le mucche del Basso Monferrato non produrranno mai il latte radioattivo”3.

L’opinione pubblica scoprirà in seguito che qualche problema il nucleare in Italia e nel mondo l’ha creato e lo sta creando ancora oggi (pensiamo allo smaltimento dei rifiuti radioattivi e al decommissioning degli impianti). Non ci pare nemmeno che Trino Vercellese abbia cambiato il suo destino economico-­‐sociale grazie alla centrale: basta vedere l’andamento della popolazione in costante decrescita dal 1911: 12.542 abitanti, al 2017: soli 7.216.

 

E che dire della dolorosa quanto vergognosa storia dell’Eternit: Nel 1907 nasce lo stabilimento ETERNIT di Casale Monferrato, il più grande per manufatti in cemento d’Europa con i suoi 94.000 metri quadrati di estensione, circa la metà coperti, ha dato lavoro sino a 5 mila persone diminuite progressivamente fino alla chiusura dello stabilimento avvenuta nel 1986.

 

Ecco cosa scrive il casalese Giampaolo Pansa: “Nel 1906 un pugno di imprenditori genovesi, -­‐i maledetti-­‐ come ringhiava mia nonna Caterina, impiantarono a Casale una fabbrica all'avanguardia. Produceva tegole piane fatte di cemento e di amianto, grazie al brevetto di un austriaco. L'invenzione venne chiamata Eternit poiché garantiva una durata eterna del prodotto. Non era una bufala dal momento che siamo ancora circondati da quella robaccia vecchia di un secolo. Dalle tegole si passò alle lastre ondulate. Poi ai tubi per gli acquedotti e le fognature. E lo sviluppo dell'azienda fu trionfale. Fu la nostra Fiat. Lavorarci era un privilegio. Anche perché le paghe erano un tantino più alte che in altre aziende.
I padri chiedevano alla figlie in età da marito: "Dove lavora questo tuo moroso?". "All'Eternit" rispondeva la ragazza, orgogliosa. "Allora sposalo" concludeva il papà. E spiegava alla moglie: "Il certificato di matrimonio avrà il valore di una polizza a vita".
 

Se a Trino grandi cose non si sono viste con la centrale, possiamo affermare che Casale, col senno di poi, avrebbe volentieri fatto a meno dell’Eternit.

 

Ultime memo la dedichiamo alle miniere di marna nelle nostre colline, scavate per produrre cemento e che hanno causato la frana di interi paesi o alle varie fabbriche che hanno allontanato i contadini dai loro cascinali e dalle loro terre salvo poi chiudere e trasferirsi altrove, con il risultato di aver marginalizzato un settore economico senza averlo rimpiazzato con un altro. Un errore che ci pare nell’astigiano ad esempio, non è stato commesso.

 

Da qui una riflessione: forse lo sviluppo non può essere figlio di interventi estemporanei, improvvisati o avventurosi, ma di un duratura politica costantemente orientata a rafforzare settori strategici trainanti dell’economia. La logica del “tutto va bene purché porti qualcosa” alla fine non paga territorio e comunità.

 

 

Ancora un’ultima nota sui numeri.Nel documento di 268 pagine pubblicato da ENEA dal titolo: DTT: Divertor Tokamak Test faciliy Project Proposal – risalente al 2015, si scrive: “L’impatto occupazionale previsto è rilevante, almeno 150 persone coinvolte nelle operazioni (50 % ricercatori e personale qualificato, 50 % personale di supporto). E' inoltre previsto un notevole numero di lavoratori coinvolti nelle fasi di costruzione ed operazione, senza contare le opportunità per spin-­‐off e sub-­‐appalti”.

 

Se così fosse è facile prevedere che i ricercatori e personale qualifica arriveranno prevalentemente da fuori e limitati sarebbero i posti per i casalesi a poche decine.

 

Ed anche in merito alla fasi di costruzione c’è la possibilità, per niente remota visti i contributi pubblici che riceve il progetto, che si debba fare un bando di gara internazionale. Se per caso chi vincesse l’appalto per la costruzione dell’impianto da 500 milioni non fosse una impresa locale, è presumibile gli appaltatori utilizzeranno le loro maestranze e poco resterebbe alle imprese locali.

 

 

Prospettive di sviluppo

 

Merita anche spendere qualche riga per evidenziare alcuni aspetti per niente chiari. Abbiamo letto di 25 anni di attività dell’impianto casalese oltre ai sette per la sua costruzione.

 

Cercando di tenere sempre i piedi per terra, segnaliamo che ITER (per cui il DTT dovrebbe svolgere la sperimentazione di alcuni importanti aspetti) è a sua volta un reattore sperimentale. Fra gli scopi principali di ITER:

 

-­‐ raggiungere una reazione di fusione stabile: l’obiettivo è quello di generare500 MW prodotti
   per una durata di circa 15-­‐30 minuti, cercando così di ricavare più energia di quelle
   immessa per generarla


-­‐ dimostrare il controllo del plasma e delle reazioni di fusione sono conseguibili con
    trascurabili   impatti per l'ambiente;
 
-­‐ dimostrare la fattibilità della produzione di trizio all'in l'approvvigionamento mondiale di tritio
    non
sufficiente a coprire le esigenze delle future centrali elettriche4
Se e quando ciò accadrà, l'energia in eccesso ottenuta dalla reazione nucleare non sarà immessa sulla rete elettrica, né utilizzata per scopi commerciali.
 
Il costo stimato per ITER è, attualmente a 18 miliardi di euro (n.d.r. Enea parla di 20 miliardi), oltre il triplo di quanto era stato stabilito nel 2005 quando partì il progetto. “Solo verso il 2040 potremo sapere se ITER
 
è    l’innovazione radicale della prossima era umana o soltanto una sperimentazione destinata al
 
fallimento5
 
Il compito di produrre energia elettrica sfruttabile da utenze esterne è previsto per il progetto successivo, chiamato DEMO se naturalmente i problemi tecnici oggi ancora irrisolti verranno superati.
 
DEMO sarà un progetto più grande e costoso di ITER dato che sarà necessario realizzare delle strutture sensibilmente più complesse per la produzione del trizio direttamente nell'impianto. Inoltre, le necessità di efficienza nella produzione di energia costringeranno all'uso di refrigeranti diversi dall'acqua utilizzata invece in ITER, richiedendo per questo tecnologie più avanzate e, quindi, più costose.
 
La complessità e soprattutto i costi sono tali che per la prima volta nella storia dell’umanità superano le capacità delle singole superpotenze: “Realizzare una centrale a fusione per il futuro richiede un impegno
 
costante a livello scientifico, gestionale e finanziario che nessun paese è in grado di garantire da solo6.Consentiteci una riflessione: come sarebbe bello se analoga collaborazione frale grandi potenze venisse utilizzata anche per battere la fame nel mondo o eliminare le cause antropiche che distruggono gli equilibri ambientali o anche semplicemente per ridurre gli squilibri sociali, ricordiamo infatti che mai nella storia è stata prodotta tanta ricchezza e mai è stata registrata tanta disparità fra ricchezza e povertà.
 
 
Ma il DTT previsto a Casale?
 
Alla base della DTT c’è la stessa tecnologia impiegata per ITER, ma con in più la possibilità di eseguire test utilizzando tecniche brevettate dall’ENEA. Alcuni parametri sono ormai noti: intensità di corrente di 6 milioni di Ampere; carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato (oltre due volte la potenza di un razzo al decollo); temperatura di oltre 100 milioni di gradi; il divertore, elemento chiave del tokamak e il più “sollecitato” dalle altissime potenze, composto di tungsteno o metalli liquidi, rimovibili grazie a sistemi altamente innovativi di remote handling (n.d.r. comandi in remoto7. Tralasciamo per ora gli altri aspetti più generali e complessi del tipo: Quanto tempo è realisticamente stimabile per arrivare a fornire energia elettrica all’utenza con la fusione nucleare. Il rischio (o l’opportunità) è che ci voglia troppo tempo, ed altre tecnologie possano risolvere prima e meglio il fabbisogno energetico. Estrapolando l’esperienza ed i ritardi accumulati da ITER è realistico presumere che questo primo impianto, DEMO, se tutto va solobene verso la fine del secolo potrà produrre energia elettrica per l’utenza. I costi nessuno oggi li può conoscere, ma riteniamo che alla fine saranno dell’ordine del centinaio più che delle decine di miliardi di euro.
 
Tutti questi aspetti interverranno nella valutazione dei costi interni ed esterni dell’impianto e sono quelli che rientrano nella molto aleatoria analisi detta dei -­‐ Costi-­‐benefici-­‐ che pochi si azzardano ad affrontare, ma che dovrebbe essere la base di partenza per giustificare ogni progetto.
 
Se emergesse che i problemi tecnici ed economici che devono esser affrontati e risolti dall’impianto sperimentale con tutti i relativi laboratori di ricerca , rendono non conveniente la filiera della fusione nucleare, che accadrà degli impianti realizzati e delle maestranze? Il problema dei costi eccessivi fu già sollevato sia in ambito di commissione europea che di commissione senatoriale.
 
In una comunicazione della Commissione Europea del 2017 si afferma: “Il parco nucleare in Europa sta invecchiando e sono necessari investimenti ingenti per estendere la durata di vita di alcuni reattori (e migliorarne la sicurezza), negli Stati membri che operano questa scelta, per intraprendere le attività di disattivazione previste e per stoccare a lungo termine i rifiuti nucleari. Gli investimenti sono anche necessari per sostituire gli impianti nucleari esistenti. Tali investimenti potrebbero essere destinati anche
in parte a nuove centrali nucleari. L’importo totale degli investimenti nel settore del ciclo del combustibile nucleare, tra il 2015 e il 2050, è stimato in 660-­‐770 miliardi di euro.8
 
Venticinque trenta miliardi all’anno per gestire l’invecchiamento dell’esistente ciclo del combustibile nucleare a cui si andranno ad aggiungere altri e più onerosi costi nella ricerca sulla fusione perché come si scrive: “Per l'Europa il progetto (n.d.r. ITER) simbolizza la capacità dell'UE di assumere un ruolo guida a livello mondiale nel settore della scienza e delle tecnologie. Se verrà trovata una soluzione efficace, sistemica e duratura per assicurare la buona governance e la sostenibilità finanziaria, si potrà offrire un modello per future cooperazioni a livello mondiale sulle grandi sfide, quali l'approvvigionamento energetico, poste dal nostro stile di vita collettivo 9

Concludiamo: comprendiamo l’ansia da prestazioni politiche di molti partiti, specie in vista della prevedibile tornata elettorale primaverile, ma crediamo non sia mai opportuno affidarsi solo all’ “ottimismo della volontà” scollegandola dal “pessimismo della ragione” ocome dicevano i nostri vecchi “quand a sarà ura chi l’ha i ureggi ji musta” tradotto: staremo a vedere.

6 dicembre 2017

 

Enzo GINO

1 Così introdotto dall'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 104 del 201
2  Il Monferrato -­‐ 20 luglio 1960
3 Il Monferrato 30 marzo 1968



4 fonte: www.iter.org

5 Il Sole 24ore del 21 maggio 2017
 
6  COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO CONTRIBUTO DELL'UE AL PROGETTO ITER RIFORMATO {SWD(2017) 232 final}. COM(2017) 319 final Bruxelles, 14.6.2017. 
7 fonte: www.enea.it del 17-­‐10-­‐2017.


8COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Programma indicativo per il settore nucleare presentato a norma dell'articolo 40 del trattato Euratom -­‐ Final (previo parere del CESE) {SWD(2017) 158 final}
9  Bruxelles, 4.5.2010 COM(2010) 226 definitivo -­‐ COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO -­‐ Lo stato di avanzamento di ITER e possibili vie per il futuro.)

 


 

 


 
 

 

 
 
 

 
 
 

 

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