Fusione nucleare, occhi
puntati sul progetto ITER in Francia
Dopo ritardi e problemi di gestione dei costi
finalmente inizia a prendere forma il reattore a fusione nucleare ITER, frutto
di un progetto internazionale di cui fa parte anche l'Italia.
Il reattore
a fusione nucleare ITER inizia a prendere forma. A Saint Paul Lez Durance, in
Francia, colpisce la dimensione del cantiere polveroso fra le creste calcaree
della Provenza, in cui gli operai dispongono ad anello immense lastre di
cemento.
Vi avevamo parlato tempo fa del progetto ITER (International
Thermonuclear Expermental Reactor) su cui stanno investendo diversi paesi del
mondo alla ricerca di energia pulita, economica e sicura. Un progetto ambizioso
a cui prende parte anche l'Italia, con l'azienda
ASG Superconductors di Genova a cui è affidata la produzione di 10 dei 19
magneti che dovranno creare il campo di confinamento. Si tratta di un reattore
di tipo tokamak, quasi come il Wendelstein 7-X stellarator che è da poco
stato acceso in Germania.
Come
l'impianto tedesco non è una centrale di produzione di energia
elettrica. Allo stato attuale si tratta più che altro di un enorme, ed
enormemente complesso e costoso, esperimento di Fisica. Se tutto andrà secondo
i piani entrambi gli impianti saranno gli antesignani delle centrali
elettriche del futuro - e fra l'altro daranno un grande contributo alla
riduzione delle emissioni che provocano il surriscaldamento globale.
Se solo fra molti anni beneficeremo direttamente di questo investimento, al momento il loro ruolo è comunque ambizioso sul piano scientifico: testare la fusione nucleare, ossia la reazione atomica che avviene nel Sole (e in generale nelle stelle), e riuscire a controllarla per generare energia.
Per chiarezza, ITER non produrrà elettricità ma calore, che successivamente si può trasformare in energia elettrica - molto più semplice da trasportare e utilizzare. Semplificando al massimo, il metodo è quello che vi avevamo già spiegato in passato: la produzione di energia avviene per mezzo della fusione di atomi di deuterio e trizio, due isotopi dell'idrogeno, allo stato di plasma (un gas a temperature comprese fra 100 e 150 milioni di gradi) confinato in giganteschi magneti.
Se solo fra molti anni beneficeremo direttamente di questo investimento, al momento il loro ruolo è comunque ambizioso sul piano scientifico: testare la fusione nucleare, ossia la reazione atomica che avviene nel Sole (e in generale nelle stelle), e riuscire a controllarla per generare energia.
Per chiarezza, ITER non produrrà elettricità ma calore, che successivamente si può trasformare in energia elettrica - molto più semplice da trasportare e utilizzare. Semplificando al massimo, il metodo è quello che vi avevamo già spiegato in passato: la produzione di energia avviene per mezzo della fusione di atomi di deuterio e trizio, due isotopi dell'idrogeno, allo stato di plasma (un gas a temperature comprese fra 100 e 150 milioni di gradi) confinato in giganteschi magneti.
Finora sono
stati condotti esperimenti di fusione più piccoli che hanno funzionato.
L'esperimento tedesco ha prodotto il primo
plasma di idrogeno con un impulso di due megawatt di radiazioni a microonde, e
riscaldato il gas di idrogeno fino a 80 milioni di gradi per un quarto di
secondo. La tabella di marcia prevede poi l'incremento della potenza
di riscaldamento a microonde del plasma fino a 20 megawatt, per un tempo
massimo di 30 minuti. Solo a partire dal 2019 si faranno reazioni di fusione
impiegando anche il deuterio.
Per ottenere
una produzione di energia tuttavia occorre produrre più energia di quanta
l'impianto ne consumi, e nel caso dello stellerator tedesco i responsabili
hanno già anticipato che le prime reazioni di fusione non saranno sufficienti a
fornire più energia di quanta se ne consumerà.
Insomma il
cammino da percorrere è lungo, ma la buona notizia è che il progetto di ITER ha
progredito a singhiozzo per anni, fra problemi di progettazione e di gestione
che hanno portato a lunghi ritardi e alla lievitazione dei costi. Ora sta
finalmente decollando, sotto la guida del direttore generale Bernard Bigot,
che si è preso carico di questa sfida più di due anni fa e che dopo una fase
critica di avvio ha dichiarato al New York Times che i lavori procedono "a
pieno ritmo e stanno accelerando".
Una volta
terminata, la struttura avrà un diametro di circa 30 metri e un'altezza
analoga, più grande del Wendelstein 7-X, che consiste in un dispositivo
di forma toroidale con larghezza di 16 metri. La dimensione potrebbe fare
la differenza, perché i fisici si aspettano che ITER benefici della sua
ampiezza per produrre - una vola a regime - circa 10 volte più energia di
quanta ne consuma.
Il
"primo plasma" composto da idrogeno puro (senza deuterio, senza
reazioni di fusione) dovrebbe essere generato da ITER fra otto anni, sempre che
il progetto non subisca altri ritardi. La prima fusione con deuterio e trizio,
che forse potrebbe essere protratta per sei o sette minuti, non avverrà prima
del 2035.
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